Gli esercizi di “grounding” e tutte le altre tecniche che si usano in terapia hanno lo scopo principale di rimuovere i blocchi e le inibizioni che ostacolano l’auto-espressione del paziente. Per Lowen l’auto-espressione “è costituita dalle attività libere, naturali e spontanee del corpo” (Lowen, 1975, trad. it. 1985, 231). Ciascuno esprime sé stesso nelle azioni, nei suoni e negli sguardi. La qualità fondamentale dell’auto-espressione è la spontaneità. Essere spontanei significa essere autentici, naturali, significa che non ci sono blocchi o inibizioni che limitano il fluire degli impulsi. L’altra componente dell’auto-espressione è il controllo, indispensabile per rendere più efficace l’azione. Normalmente nei movimenti sono presenti contemporaneamente sia la spontaneità sia il controllo, in proporzioni diverse a seconda delle circostanze. Quando questi due elementi si armonizzano tra loro, ne risulta la coordinazione di movimento, che procura piacere e soddisfazione.
Il disturbo emozionale è caratterizzato da una perdita di spontaneità o da una mancanza di controllo da parte dell’io. Nel primo caso la persona è frenata, bloccata. Il rigido controllo dell’io ostacola l’emergere della spontaneità. I movimenti sono meccanici e privi di naturalezza. Mentre l’individuo compulsivo ha paura di perdere il controllo, quello impulsivo non riesce a mantenerlo. Gli impulsi si manifestano in maniera esplosiva, isterica perché il controllo dell’io è indebolito. Il recupero della spontaneità e lo sviluppo di un adeguato controllo dell’io sono le condizioni necessarie per ristabilire la salute psicoemotiva.
In bioenergetica ci si concentra su tre principali aree di auto-espressione: movimento, voce e occhi. Per ridurre le tensioni muscolari ed aumentare la motilità del corpo vengono fatti eseguire al paziente alcuni movimenti espressivi, come ad esempio tirare calci o colpire il lettino con i pugni. Questi esercizi, se ripetuti più volte, permettono al paziente di abbandonarsi al movimento, favorendo il fluire delle sensazioni nel corpo. Un buon esempio sono i calci. Scalciare stando sdraiati sul materasso, una gamba dopo l’altra, è un movimento che, se ben fatto, coinvolge anche la testa e il tronco. L’uso della voce durante l’esercizio aumenta il coinvolgimento.
In genere i pazienti non riescono ad eseguire bene l’esercizio. Temendo di abbandonarsi al movimento, scalciano in modo scoordinato ed il tronco e la testa non partecipano all’azione. Spesso si scaricano, ma in maniera esplosiva, solo dopo essere stati provocati.
Per Lowen scalciare è una forma di protesta. Poiché alla maggior parte delle persone non è stato concesso il diritto di protestare quando erano piccole, da adulte non sono capaci di tirar calci con convinzione. Anche se ora sono grandi e non sono più sottomesse alla volontà dei genitori, i blocchi e le inibizioni sono strutturati nel corpo sotto forma di tensioni muscolari croniche. Solo ripetendo più volte gli esercizi è possibile sciogliere questi blocchi.
A proposito di questi esercizi che prevedono azioni aggressive come tirare pugni e scalciare, Lowen ritiene che durante la seduta sia opportuno incoraggiare anche le reazioni esplosive che si manifestano nei soggetti impulsivi. Siccome il comportamento reattivo è dovuto ad un blocco energetico profondamente strutturato all’interno dell’organismo, le esplosioni di rabbia contribuiscono all’allentamento di simili blocchi e tensioni.
Una critica che viene spesso rivolta all’Analisi Bioenergetica è che questa tecnica incoraggia appunto l’espressione di azioni violente ed esplosive. Lowen però risponde:
Mi chiedo come si reagirebbe allora di fronte a una minaccia alla propria vita. Molti miei pazienti negli anni dell’infanzia avevano avuto una simile minaccia sospesa sul capo. E’ irrilevante domandarsi se la minaccia sarebbe giunta o meno a compimento. I bambini non possono permettersi di fare simili distinzioni (ibidem, 233).
Quando il bambino si sente in pericolo di vita, la sua risposta immediata non può che essere violenta e aggressiva. Il comportamento reattivo si instaura quando il bambino non può manifestare questa reazione per paura delle possibili conseguenze. Si forma così un blocco che può essere sciolto solo permettendo al paziente di scaricare la propria violenza all’interno della situazione terapeutica.
Lowen considera l’esecuzione degli esercizi espressivi come un programma di riapprendimento e di riabilitazione. Nell’uomo, come nella maggior parte degli animali, la coordinazione e l’efficacia di azione e di movimento si sviluppano e si affinano nel corso dell’infanzia, in particolare durante il gioco. Se però il bambino ha problemi emotivi questo apprendimento avviene in modo parziale e limitato.
Un’altra importante modalità di espressione è la voce. C’è uno stretto legame tra voce e personalità. La stessa parola “persona” è composta dalle due parti per e sona, che significano “attraverso i suoni”. La personalità si riflette quindi nei suoni di un individuo.
In terapia il paziente viene spesso invitato ad emettere dei suoni, affinché abbia la possibilità di esprimere i suoi sentimenti anche attraverso la voce. La repressione dei sentimenti influisce infatti sulla produzione vocale. Le urla e gli strilli sono un modo per mobilitare i sentimenti repressi e permettere che si esprimano nel suono.
A livello corporeo Lowen ha individuato tre aree di tensione che sono in rapporto con i disturbi della produzione del suono. La prima è situata nella zona intorno alla bocca. La seconda si forma all’articolazione del capo con il collo. Per Lowen questo è un punto dell’organismo estremamente importante, perché rappresenta la zona di transizione dal controllo volontario al controllo involontario. L’individuo può scegliere se ingoiare o meno una sostanza fino a quando essa si trova al di sopra di questa zona di transizione. Lowen però sottolinea soprattutto l’importanza psicologica di questa parte del corpo. Una persona può mantenere la sua integrità psicologica solo se si rifiuta di ingoiare “qualcosa” che per lui è inaccettabile o umiliante.
Purtroppo l’integrità psicologica dei bambini viene spesso violata costringendoli ad ingoiare “cose” che altrimenti rifiuterebbero. Con la parola “cose” ci riferiamo a cibi, medicine, osservazioni, situazioni e così via. … Tutti abbiamo dovuto ingoiare insulti o umiliazioni e molti sono stati costretti a “rimangiarsi le loro parole” (ibidem, 244).
L’anello di tensione che si forma in questa zona rappresenta una difesa inconscia contro la possibilità di dover ingoiare qualsiasi “cosa” ritenuta inaccettabile e, allo stesso tempo, contro l’espressione di sentimenti che si teme possano essere inaccettabili per gli altri. Tra le parti del corpo che partecipano alla formazione ed al mantenimento di questa tensione, la mascella assume senza dubbio un ruolo di primo piano. Nella maggior parte delle persone i muscoli che muovono la mascella sono tesi e in terapia si lavora molto per allentarli e scioglierli.
La terza area di tensione che ostacola la produzione del suono si trova all’articolazione tra collo e torace e comprende i muscoli scaleni anteriore, mediano e posteriore. Una tensione cronica di questi muscoli determina l’innalzamento e l’immobilizzazione delle costole superiori, che restringono l’apertura che porta al petto. Questa condizione ostacola i movimenti naturali della respirazione e dunque influenza fortemente la produzione della voce.
Il terzo importante canale di espressione è lo sguardo. Il terapista cerca sempre di stabilire un contatto con gli occhi del paziente, sia per comprendere il suo stato d’animo, sia per garantirgli l’appoggio necessario.
Ciò che è stato scritto fino ad ora sulle modalità di espressione e di sviluppo della personalità potrebbe far pensare che la terapia bioenergetica dedichi poco tempo all’elaborazione analitica dei disturbi del paziente. In realtà, come afferma lo stesso Lowen, intere sedute sono spesso dedicate a discutere i problemi del paziente, cercando di stabilire una connessione tra l’atteggiamento ed il comportamento attuale e le esperienze passate, specialmente della prima infanzia.